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domenica 9 settembre 2012

Felicità ed economia: terza puntata

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 Perché in alcuni casi l’aumento del reddito non aumenta la felicità?

La felicità pubblica è l’ideale più importante della tradizione dell’economia civile, ma questa concezione nel corso del XIX è stata ridotta ad utilità, in questo modo la felicità pubblica scompare dalla scienza economica per ben due secoli. Nei primi anni ’70 del ‘900 la felicità è un argomento che
ricomincia a tornare in auge nella teoria economica, ma con una diversità: si comincia a “misurare la felicità” in questo modo viene messa in rapporto con altre tradizionali variabili economiche come il reddito, successivamente con la disoccupazione, l’inflazione. Questi studi hanno portato a risultati veramente paradossali ed ora è molto utile enunciare le teorie economiche dei principali studiosi che hanno contribuito a rilanciare gli studi sulla felicità.

2.1. Richard Easterlin e Tibor Scitovski: il “paradosso della felicità”

Nel 1971, gli psicologi Brickman e Campbell attraverso la teoria dell’adaptation level theory, affermano che i miglioramenti delle circostanze oggettive della vita come reddito e ricchezza, non producono effetti reali sul benessere delle persone.
Nel 1974, Richard Easterlin riprendendo studi empirici sulla felicità delle persone apriva il dibattito sul “paradosso della felicità”. Per condurre questa ricerca, Easterlin utilizzò due tipi di dati: i primi erano forniti da questionari, i quali, inizialmente, furono elaborati da World Survey, che si basavano su domande generali sulla valutazione qualitativa della propria felicità; l’altra fonte erano le indagini svolte da Cantril nel 1965 sulla paura, le speranze e la felicità di quattordici Paesi del mondo, in questo modo i soggetti intervistati dovevano autoclassificare la propria felicità in una scala che va da 0 a 10, dove 0 indicava la peggiore vita possibile e 10 la migliore vita possibile. Entrambe le ricerche si basavano su autovalutazioni soggettive della propria felicità ed arrivarono in concreto agli stessi due risultati: all’interno di un determinato Paese in un dato momento nel tempo esiste una correlazione tra reddito e felicità ed è robusta; inoltre, il confronto tra Paesi non mostrava correlazione tra reddito e felicità e i Paesi più poveri non risultavano meno felici di quelli più ricchi.
Easterlin, per spiegare questi dati, utilizzò la teoria del “reddito relativo” di Duensberry del 1949, la quale suppone che l’utilità che una persona trae dal proprio consumo non è in funzione del livello assoluto del suo consumo, ma di quello relativo, ossia il rapporto tra il suo livello di consumo e quello degli altri. Tuttavia se il suo reddito aumenta, ma ad esempio quello di un suo conoscente aumenta di più, la sua utilità diminuisce a fronte di un aumento di reddito e di consumo. Questa teoria è in grado di spiegare perché la felicità tra Paesi non sembra dipendere dal livello assoluto di reddito: se ciò che mi fa sentire felice è la differenza tra i miei livelli di consumo e quelli dei miei conoscenti allora un livello 10 può essere ottenuta sia da 30 – 20 nei Paesi poveri che da 210 – 200 nei Paesi ricchi. Oggi molti autori si occupano di economia e felicità si basano sull’ipotesi del reddito relativo da Frank (1999), Ng (1997), Hollander (2001). Easterlin in seguito ha sviluppato la sua teoria svolgendo indagini diacroniche seguendo nel corso del tempo gruppi di persone studiate lungo il loro ciclo di vita dalle quali sono risultati molti aspetti del paradosso. Soprattutto il livello di felicità delle persone non varia negli anni nonostante le condizioni economiche cambino nel corso della vita.
Negli ultimi anni Easterlin e molti altri economisti per sviluppare le loro teorie prendono spunti dagli studi psicologici per cercare spiegazioni più sofisticate per spiegare il paradosso, in questo modo all’ipotesi del reddito relativo ha aggiunto la spiegazione basata sull’adattamento edonico o teoria del set point, in base alla quale sussiste un livello di felicità che rimane quasi costante nell’arco della vita e ciò è dovuto a caratteristiche intrinseche degli individui. Gli shock che si verificano nel corso della vita hanno solo effetti temporanei sulla nostra felicità e dopo un breve periodo nel quale l’evento produce effetti reali, siamo ineluttabilmente portati a tornare al livello di riferimento, ossia il set point. Infatti Brickmann e Campbel nel 1971 arrivarono alla conclusione che le politiche economiche indirizzate al miglioramento economico fossero inutili in rapporto al benessere delle persone, perché i miglioramenti o i peggioramenti di reddito hanno effetti di brevissima durata. Precisamente nel 1978 Brickman, Coates, Janoff – Bulman, mostrarono che i vincitori di lotterie non erano più felici rispetto a prima della vincita.

2.2. Sen e Nussbaum: la critica alla categoria dell’”happiness

Nel 2003, Veenhoven e altri studiosi criticarono gli studi sul paradosso della felicità e affermarono che il set point di felicità è essenzialmente un fatto congenito che è legato alla personalità, al carattere delle persone e per questo non siamo in presenza di un paradosso se i livelli diversi di reddito generano la stessa felicità: ciò spiega il motivo per cui siano più felici Paesi come il Ghana o la Colombia di Francia e Italia.
Questo approccio però è stato criticato da economisti e filosofi più oggettivi come Sen e Nussbaum, i quali affermano che la felicità si misuri non con apprezzamenti soggettivi della propria esistenza, ma in base alle cose buone che una persona riesce oggettivamente a fare, dai diritti politici alle libertà di espressione, dalla possibilità di studiare, all’accesso all’acqua potabile o alla sanità di base. Infatti Sen si chiede se il tenore di vita di una persona possa essere alto se la vita che conduce è piena di privazioni e si nota il disappunto che ha verso la cosiddetta categoria dell’happiness, anche per il fatto che Sen ha una visione molto vicina alla eudaimonia di Aristotele dove è messo molto in risalto il nesso virtù – felicità; di conseguenza Sen considera l’happiness in modo analogo al piacere, ossia, come nella visione classica, pone al centro della sua teoria economica sulla felicità concetti che riguardano la realizzazione umana, di cui le risorse e i beni sono solo i mezzi per raggiungerla. Come afferma Aristotele nell’Etica nicomachea la ricchezza non è il fine ultimo che viene cercato, ma viene perseguita soltanto in vista di qualcos’altro di più grande. Abbiamo ottime ragioni per desiderare un reddito o una ricchezza maggiore e non perché ricchezza e reddito siano in sé desiderabili, ma perché normalmente sono uno strumento per essere più liberi di condurre il tipo di vita che apprezziamo. Sen però è anche consapevole che non sempre e non automaticamente i mezzi si trasformano in “fioritura umana”: tutta la sua teoria delle capacità e dei funzionamenti affermano precisamente che ciò che conta in termini di giustizia, uguaglianza e di liberta che sono le variabili chiave per valutare il benessere, non sono tanti i beni, quanto preferibilmente il modo in cui questi si trasformano in capacità e funzionamenti; per fare un esempio se due persone, a parità di risorse e beni economici, se una è sana e l’altra è malata questi beni si trasformano in diseguali capacità e funzionamenti e in diseguali libertà.

2.3. Kahnemann: i treadmill effects

Molti studiosi ora sostengono che tra i beni opera un hedonic treadmill secondo il quale l’aumento del reddito spinge verso l’alto anche le nostre esigenze, proprio come in un tapis roulant dove corriamo, ma stiamo sempre allo stesso punto. Kahneman distingue due tipi di treadmill effect, ossia l’hedonic treadmill e il satisfaction treadmill. L’hedonic treadmill riprende in parte la teoria del livello di adattamento, cioè quando una persona ha un reddito minore, si accontenta di beni con prezzi più bassi per soddisfare le sue esigenze, mentre quando il reddito aumenta invece il soggetto per soddisfare la medesima esigenza preferirà un bene considerato di lusso o in ogni caso con un prezzo più alto per soddisfare la medesima esigenza che avrebbe soddisfatto con un bene più economico. Il satisfaction treadmill invece dipende dal livello di aspirazione che segna il confine fra i risultati soddisfacenti e quelli insoddisfacenti; così quando aumenta il reddito accade che il miglioramento induce i soggetti a richiedere continui e più intensi piaceri per mantenere lo stesso livello di soddisfazione, in questo modo la felicità soggettiva rimane costante nonostante la felicità oggettiva migliori.
Questo risultato in parte era stato intuito da Scitovski nella sua Joyless economy, il quale sviluppava l’analisi motivo per cui l’aumento dei beni e dei consumi nelle economie avanzate, non ci rende più felici. Prendendo spunto dalla ricerca psicologica e sociologica si basava sulla distinzione tra “comfort” e “stimulation” (o creatività) che entrano normalmente in conflitto perché le risorse che vanno all’uno si sottraggono all’altro; interessante è anche il commento di Hirschman il quale affermò che le attività relazionali possono allo stesso tempo essere sia stimolanti che confortevoli.
I soggetti indugiano molto sul comfort perché le economie di scala impongono i gusti della maggioranza all’intera collettività e comporta che una minoranza consapevole faccia molta fatica a sottrarsi al consumismo e dall’altra che la maggioranza resti perennemente in uno stato di infelicità pur essendo oberata di beni materiali. Occorre aggiungere che col passare del tempo i beni di comfort danno assuefazione come accade per qualsiasi tipo di droga, così aumenta il costo dei cambiamenti degli stili di vita che si auto rafforzano. Come spiega Scitovski nel 1996, tutto ciò succede perché i soggetti non riescono a capire in tempo utile che i miglioramenti nel comfort non comportano miglioramenti di felicità.

2.4. Il PIL: un “falso” indicatore del benessere

Verso la fine del XVIII si realizza un passaggio fondamentale nel mondo economico, infatti mediante il contributo di Jeremy Bentham si realizza una “fuga” dall’economia civile e si ha che la felicità diventa “utilità” che equivale a “piacere”. Infatti nella sua opera fondamentale “An Introduction of the Principles of Moral and Legislation” le parole “happiness”, “utility” e “pleasure” si equivalgono, in questo modo si ha che nel corso del ‘800 e del ‘900 la scienza economica neoclassica si è gradualmente allontanata dal concetto di felicità per occuparsi più semplicemente di utilità individuale determinata da preferenze individuali. L’utilità così diventa una misurazione cardinale della felicità, perciò questa è aggregabile mediante la somma e di conseguenza è possibile misurare il benessere sociale attraverso la somma delle utilità individuali degli individui. Questa teoria economica venne molto enfatizzata nel corso del ‘900, tanto che dal secondo dopoguerra si iniziò ad utilizzare il Pil come indicatore di salute per un intero Paese. Il Prodotto Interno Lordo è il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno dei confini del Paese in un certo periodo di tempo. Non si considerano quindi le transazioni intermedie. Già dalla definizione possiamo capire i limiti di questo indicatore che è risultato inadeguato. Nonostante stimi la crescita attraverso le vendite nette di beni e servizi, istruzione e fatturato della sanità, questo indicatore non tiene conto delle differenze tra i più ricchi e i più poveri, dei costi sociali e ambientali come i crimini, i disastri, inquinamento, inoltre vengono anche ignorate le economie non di mercato come ad esempio il volontariato. Gli USA ad esempio, sono il Paese con il Pil più vasto dal Dopoguerra a oggi, ma presenta dati fra i peggiori dell’OCSE quanto a patologie infantili derivanti da obesità oltre a costi sanitari doppi rispetto all’Europa. Vedremo nel prossimo paragrafo come risolvere i limiti del PIL.

2.4.1. La Commissione Stiglitz - Sen – Fitoussi


Vista la delusione generale sullo stato attuale dei dati statistici riguardanti l'economia e la società, nel febbraio 2008, il Presidente francese Sarkozy, ha chiesto, a Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi di creare una Commissione, in seguito denominata «Commissione per la misurazione del rendimento economico e progresso sociale".
L'obiettivo della Commissione è stato quello di determinare i limiti del PIL come indicatore del rendimento economico e progresso sociale, compresi i problemi della sua misurazione; di esaminare quali ulteriori informazioni possono essere individuate per la produzione di indicatori più pertinenti del progresso sociale, valutando la creazione di strumenti di misura alternativa e la loro concreta attuazione. La Commissione ha analizzato ed elaborato raccomandazioni non solo sulla misurazione statistica del benessere della società, ma anche sulla qualità o il valore della vita, e la sostenibilità di un livello di vita. 
La relazione identifica i difetti nei metodi per misurare la ricchezza e il benessere sulla base del PIL e PNL e suggerisce i cambiamenti che dovrebbero comprendere una maggiore attenzione alla distribuzione del reddito, i redditi delle famiglie e il consumo di beni e servizi fondamentali, ma anche a settori come la sanità, l'istruzione, l'ambiente e i cambiamenti climatici e la felicità come componenti dello sviluppo. In questo modo, sono state individuate dalla Commissione le principali dimensioni che condizionano il benessere che sono: reddito, salute, istruzione, attività personali (incluso il lavoro), governo, relazioni sociali, ambiente (presente e futuro), insicurezza legata all’economia e all’ambiente. 
Su tale base, la relazione chiede di rivolgere l’attenzione ad un sistema incentrato sul benessere delle generazioni attuali e future, piuttosto che ad un sistema orientato sulla misurazione della produzione. Questo significa passare da misurare la produzione economica alla misurazione del benessere dei cittadini in un contesto globale di sostenibilità.
Una delle componenti essenziali da prendere in considerazione, secondo il rapporto della Commissione, è la sostenibilità. La sostenibilità coinvolge non solo il presente, ma anche il futuro; essa è condizionata dall’interazione degli aspetti socio-economici e dall’impatto dei modelli dei differenti paesi. La sostenibilità è una questione che riguarda il benessere e la performance economica, ma deve essere esaminata separatamente, per non generare confusione tra i singoli indicatori. Per valutare la sostenibilità occorre guardare simultaneamente alla conservazione e crescita in “stocks” delle quantità e qualità di risorse naturali e umane, e di capitale sociale e fisico.
La Commissione vuole fornire una guida diretta a responsabilizzare tutti i tipi di organizzazioni sull'impatto delle loro attività sulla società e sull'ambiente e ad incoraggiare un comportamento rispettoso delle leggi e improntato a principi etici. L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo economico adattabile agli ecosistemi, garantendo un equilibrio ambientale. In definitiva la sostenibilità è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. 

2.5. La tesi di Wilkinson e Pickett: il benessere dipende dall’eguaglianza

Molto interessante la tesi di Wilkinson e Pickett i quali considerando i Paesi ricchi, quelli in cui il reddito è distribuito in modo diseguale mostrano risultati peggiori per una serie molto significativa di indicatori sociali di benessere come disagio mentale incluse le dipendenze da alcool e droga, mortalità infantile e malattie, obesità, gravidanze in adolescenza, omicidi, mobilità sociale. Dalla loro opera “La misura dell’anima” si denota che i Paesi più diseguali mostrano risultati peggiori, anche se riguardano Paesi più ricchi. Infatti, gli USA sono un Paese molto ricco, ma soffrono di problemi sanitari e disagi sociali sopra elencati molto più di Spagna, Grecia e Italia che hanno un reddito procapite molto più basso. L’Italia è sesta nella classifica dei più diseguali e va meglio di Germania, Francia e Austria per quanto riguarda i problemi sanitari. I Paesi con meno disparità sono Giappone, Finlandia, Norvegia, Danimarca e da quest' opera si evince che se si diminuisce la disparità è possibile accrescere la qualità della vita di tutti. Per ridurre le diseguaglianze, in Svezia, hanno scelto un meccanismo redistributivo di imposte e sussidi e in Giappone hanno conseguito una maggiore uniformità di redditi di mercato al lordo delle imposte.
In conclusione possiamo affermare che questa tesi si avvicina molto all’ipotesi di reddito relativo, ossia i due studiosi per spiegare stati d’animo e comportamenti contano i confronti, le differenze, non i valori assoluti, cioè la ricchezza o la povertà in se e per se.

2.6. Thaler e Sunstein: la “spintarella”


In futuro il metodo migliore sarà il “nudge”, ossia la gentile, ma convincente spinta a fare le scelte giuste senza imporle e questi due autori americani hanno enununciato questa teoria nella loro opera intitolata “Nudge” uscito nel 2009. Thaler, nonostante provenga dalla scuola di Chicago, non crede più alla capacità autoregolante del mercato; Sunstein, di formazione costituzionalista, prima di convincersi che la liberta di scelta e la ricerca della felicità enunciata nella Costituzione possono portare a scelte sbagliate per il cittadino, era un supporter di Bush e Greenspan. La soluzione migliore secondo i due autori è la “spintarella” che convince a fare le scelte migliori, salvando l’autonomia delle parti ossia una sorta di “liberismo paternalista”. Ad esempio gli americani non risparmiano abbastanza perché non vedono il vantaggio nel risparmio, ma se le aziende proponessero ai dipendenti un programma nel quale dal loro stipendio viene prelevata una trattenuta progressivamente più alta con la crescita dello stipendio, accantonata a tassi sempre migliori, gli americani risparmierebbero di più, tanto che nelle aziende che ci hanno provato il risparmio è triplicato. L’esperienza dimostra che il cittadino di fronte a troppe scelte tende a rinviare a buttarsi sulla prima che vede pur di non perdere la testa ed è inutile imporre norme se vi è questa confusione. Quindi “spintarelle garbate” in un sistema politico che garantisca la libertà di azione, ma non abbia timore nell’indicare quali siano le scelte giuste e le scelte sbagliate. Questo libro è stato letto molte volte da Obama che e l’ha anche portato in campagna elettorale; Obama l’ha trovato convincente a tal punto che ha chiamato proprio Sunstein a ridisegnare il quadro delle regole del gioco economico nazionale, siccome le precedenti norme, come abbiamo potuto osservare negli ultimi anni, sono risultate inadeguate.

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